martedì 19 aprile 2011

ortincittà. architettura open air

Il 18 aprile inizia l'esercizio sul campo, cioè l'attività architettonica e agricola in due orti urbani di via Chiodi, a Milano. Con grande emozione si sfoderano zappe e vanghe e si inizia a dissodare il terreno che è molto compatto, sassoso, pieno di detriti.
Il quarto da sinistra è Antonio Ferrante, agronomo dell'Università di Milano, l'esperto che guida il nostro orto didattico.



sabato 16 aprile 2011

Inizio lavori in via Chiodi


[]Lunedì, dalle ore 10,00, il laboratorio di progettazione lascia l'aula e si trasferisce nell'orto messo a disposizione dall'arch. Claudio Cristofani in via Chiodi, a Milano. Nelle prossime settimane Orti urbani seguirà da vicino questa esperienza sul campo.  


(Politecnico di Milano, Architettura ambientale: docenti Alessandro Altini, Maria Feller, Luisa Giovenzana, Lorenzo Consalez, Mauro Giuliani, Stefano Laffi, Alessandro Rocca, Camilla Vecchi)

venerdì 15 aprile 2011

Un orto può essere architettura?

di Alessandro Altini


Padiglione 2011 della Serpentine Gallery di Londra
(Peter Zumthor - Piet Oudolf)



L'idea comune porta a credere che un orto urbano sia uno spazio ritagliato tra palazzi e infrastrutture, disordinato, ricco di materiali, senza una logica reale apparente; spesso è nascosto, inaccessibile e, a maggior ragione se abusivo, poco identificabile ai normali tragitti che le masse compiono in città.


Peter Zumthor, per il progetto di allestimento della Serpentine Gallery 2011 di Londra, rielabora il concetto di orto applicandone i propri principi; l'estetica e la scelta dei materiali sono finalizzati ad aumentare l'esperienza emotiva di questo spazio verde nel cuore di Londra.
Allo stesso tempo, un orto in città può essere considerato un luogo d'evasione, di riflessione e quindi non per forza deve avere quel carattere produttivo, collegato alla coltivazione di ortaggi; credo che anche curare un giardino, delle piante o dei fiori possa essere un ulteriore possibile utilizzo di questi spazi; agli orti urbani che si vedono nelle nostre città manca l'unicità e il percorso buio contemplativo che Zumthor antepone al giardino, come a voler preparare i visitatori ad una introspezione personale. L'analogia non manca invece se si considera la sfera personale, sociale che si ritrova nella parte chiusa, l'hortus conclusus vero e proprio, un luogo di estraneazione dalla città, nell'allestimento separato da alte pareti scure e, negli orti tradizionali, semplicemente rappresentato dai sentimenti personali che si hanno estraniandosi dal contesto urbano per pochi minuti al giorno durante la coltivazione del proprio orto.
Zumthor, oltre che della sua esperienza architettonica, si avvale di un paesaggista famoso, Piet Oudolf, per la scelta compositiva del giardino fiorito, inoltre, c'è da ricordare che si tratta pur sempre di un allestimento museale e non di un orto a pieno campo, nonostante ciò, non solo per i materiali scelti, il suo intervento può essere comunque un buon esempio di utilizzo degli orti urbani, pur non essendone uno.

lunedì 11 aprile 2011

Milano orti urbani, la storia


di Elena Ruzza

Nella storia di Milano città e agricoltura hanno sempre convissuto, anche se con modalità, finalità e valenze diverse a seconda delle varie epoche. Guardare alle forme che hanno assunto gli orti urbani nel tempo ci racconta qualcosa del modo di pensare, vivere e produrre di chi li coltivava.
Risalendo fino al medioevo, i documenti storici dell'epoca dimostrano l'importante presenza di orti attorno alla città, la maggior parte dei quali di proprietà dei monasteri.
Ma è Bonvesin de la Riva, nel 1288, a lasciarci nel De Magnalibus Mediolani una delle prime testimonianze della presenza di orti e frutteti all'interno delle mura della città.
Questi li troviamo poi rappresentati, per la prima volta, nella pianta di Milano disegnata da Lafrery nel 1573, da cui notiamo come si concentrino nell'anello tra le due cinte murarie. Erano ancora proprietà degli ordini monastici e si trattava di “orti recinti da piccoli muri qualche volta privi di qualunque chiusura o, di frequente, definiti da staccionate di pali verticali, un po' distanziati fra loro e legati a pali orizzontali o posti a sostenere intrecciature di fasciami” (da L. Gambi e C. Gozzoli, Milano, 1982). Nel complesso, non dovevano a prima vista apparire molto diversi dalla maggior parte degli orti che incontriamo a Milano oggi.
Cambia l'epoca storica, cambiano gli abitanti della città: nel '700, nella fascia compresa tra le mura si insediano ricche famiglie aristocratiche che acquisiscono le aree ortive. Milano doveva sembrare all'epoca molto diversa e, soprattutto, più verde: veniva descritta ancora nell'Ottocento come “un immenso giardino” (Cantù, Milano storia del popolo e pel popolo, 1871) in cui non mancavano le coltivazioni di frutteti e ortaggi.
Con l'avvento dell'era industriale, l'orto ritorna strumento fondamentale di sussistenza economica per la nuova classe operaia. L'integrazione del salario con la produzione di ortaggi diviene un'attività apertamente sostenuta e incentivata con pubblicazioni e comitati in sostegno degli orti operai. Particolarmente rilevante è l'innovativa iniziativa promossa dall'Istituto per le Case Popolari, che nel 1915 istituisce in periferia i primi orti in affitto per gli inquilini delle sue case.
Tra le due guerre, la retorica fascista dell'autarchia trova negli orti urbani un'importante applicazione pratica che viene portata all'estremo durante la seconda guerra mondiale quando vengono messi a coltura parchi, piazze, viali della città, fino alle aree distrutte dai bombardamenti. Esemplare è la foto scattata nel 1943 che ritrae la mietitura del grano in piazza duomo a Milano, sotto la Repubblica di Salò.
La ricostruzione nel dopoguerra e l'espansione urbana che seguì spingono le coltivazioni sempre più in periferia. Comincia in questo periodo un tendenza che si consoliderà negli anni '80 e che dura tutt'ora: il significato degli orti per i suoi coltivatori è sempre meno legato a ragioni di tipo economico.
I nuovi orticoltori sono i nuovi cittadini milanesi: immigrati dalle campagne in una città sempre meno verde, abitanti di quartieri inospitali privi di spazi aperti e di socializzazione. I nuovi orti sono un tentativo più o meno consapevole di conservare le proprie radici e di contrastare un modello urbano e sociale dominante. Ma questa è storia di oggi.

Cairo, Bucarest, e altri orti



sabato 9 aprile 2011

Victory Gardens, guerra allo spreco


di Cristina Nogara






An World War II poster depicting an old man 'digging for victory'.
Non siamo in tempo di guerra, sebbene talvolta possa sembrarlo… infiniti articoli sul “credit crunch”, riduzione e aumento vertiginoso dei prezzi del cibo, stanno sollevando una certa ansietà.
Durante la seconda guerra mondiale i britannici crearono i cosiddetti Victory Gardens nelle piazze e nei parchi in tutto il paese. Coltivavano il loro cibo personale in spazi molto stretti e compressi, come risposta alla carenza di cibo dovuta alle restrizioni sull’importazione in tempo di guerra.
L'idea di mangiare cibi di stagione coltivati localmente e biologicamente vale anche per noi, oggi. E nel cuore dello storico St James’s Park è stato creato, da Dig for Victory, un allotment garden per riportare alla memoria il profumo di quei tempi e incoraggiare la gente ad abbracciare l’idea di coltivare per se stessi. Per il secondo anno consecutivo, è stato creato un piccolo allotment garden nello spirito di quelli coltivati in guerra, con un approccio completamente biologico e con l’intento di creare un raccolto con i più alti valori nutritivi.
Era fatto uso di scarti domestici, come contenitori delle uova, rotoli di carta igienica o cornici di vecchie finestre usate come ripari contro il freddo. Tende di rete offrivano protezione dagli uccelli e dal sole deflettendo i raggi lontano dalle piante. Nel 1945 nel Regno Unito venivano coltivati 1.5 milioni di allotments sopperendo al 10% della richiesta di cibo. Per l’approvvigionamento di carne le comunità erano incoraggiate ad allevare il proprio bestiame con l’opportunità di associarsi al club del maiale o del coniglio.
Il riciclaggio nacque come necessità. Con il cambiamento del mondo in cui viviamo, sembra allo stesso modo tornare ad essere un’esigenza.
da Treehugger

Agricoltura e città


di Cristina Nogara

“L’agricoltura urbana sta vivendo un boom e viene praticata da ottocento milioni di persone in tutto il mondo”. Questa frase tratta dal libro di John Thackara In the Bubble, offre uno spunto di riflessione sulla portata di un fenomeno ricco di potenzialità per il futuro delle città. L’agricoltura urbana, infatti, oltre ad essere motivo di aggregazione sociale o utile e piacevole passatempo, può assumere funzioni importanti.

Thackara scrive: “fino al quaranta per cento dell’impronta ecologica di una città moderna è riconducibile ai suoi sistemi alimentari, ossia al trasporto, all’imballo, al deposito, alla preparazione e allo smaltimento di ciò che mangiamo.”
Il sistema agricolo urbano potrebbe infatti rispondere alle esigenze di approvvigionamento alimentare a chilometro zero, instaurando così un circolo virtuoso ed ecocompatibile.
Con questo intento nasce Skyland, progetto di vertical farm a impatto zero di ENEA per l’Expo di Milano, che offre la visione di un possibile scenario della città del futuro, tema proposto con interessanti spunti anche da Genitronsviluppo.
Lo sviluppo basato sull’integrazione e sull’autosufficienza produttiva era già per Peter Kropotkin, alla fine del XIX secolo, un concetto imprescindibile e in questa chiave di lettura l’agricoltura non può essere tralasciata, non solo, “il suo modello ciclico di funzionamento va preso ad esempio dalle altre discipline economiche.”
(vedi la tesi di laurea di Emanuele Bobbio)


IN THE BUBBLE. DESIGN PER UN FUTURO SOSTENIBILE




La premessa di questo libro è semplice: se siamo in grado di progettare modi per renderci la vita difficile, possiamo progettarne altri per risolvere i nostri problemi. L’impatto ambientale dei prodotti, dei servizi e delle infrastrutture che ci circondano si determina, fino all’ottanta per cento, in fase di progetto. Le scelte operate in questa fase modellano i processi che sono alla base dei prodotti che usiamo, dei materiali e dell’energia necessari a realizzarli, delle diverse modalità del loro utilizzo quotidiano e di ciò che accade loro nel momento in cui non ci servono più. Oggi sono numerosi i progettisti che, con forza, si impegnano nel creare servizi e infrastrutture molto meno dannosi per la biosfera di quelli attualmente in uso. Il libro presenta una ricca rassegna di questi esempi, spesso illuminanti.

giovedì 7 aprile 2011

Fronte dell'orto, il 9 aprile a Milano


di Matteo Isipato

Camminare per il centro di Milano e ritrovarsi all’improvviso davanti ad un grande orto? Sarà possibile Sabato 9 Aprile in piazza della Scala, grazie all’iniziativa Fronte dell’orto organizzata da Stefano Boeri, ex co-progettista dell'Expo milanese e capolista del PD per le prossime amministrative del comune di Milano.

Il Fronte dell’Orto è una provocazione, un messaggio rivolto anche all'ad di Expo 2015, Giuseppe Sala, che ha proposto di cambiare il tema dell'Expo da “Nutrire il pianeta, energia per la vita” in “Frontiere della tecnologia, della ricerca e del futuro”, con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista sia tecnico che etico.
Partecipare all’evento è semplicissimo; basterà trovarsi alle ore 17:00 davanti a Palazzo Marino con la piantina di un qualunque ortaggio. Un piccolo ma grande gesto che è insieme divertimento, arte e politica. Quanto è grande il potere di un orto?

(Levi van Veluw is a young Dutch multidisciplinary artist, he lives and works in the Netherlands. His "Landscapes series" is pretty amazing!)

Agriturismo urbano


di Paola Tonizzo

L’associazione dei giovani imprenditori agricoli della Cia (Agia-cia) e la Jeunes Restaurateur d’Europe, raggiungono un’intesa e l’orto si avvicina al ristorante, lo spunto viene dal Vinitaly 2010, Salone Internazionale del Vino e dei Distillati, dedicato anche ai prodotti biologici come l’olio extravergine d’oliva.
I rappresentanti di Agia-Cia e Jre hanno dichiarato che mappando il territorio nazionale e segnalando ai ristoranti le aziende agricole a loro più convenienti per vicinanza e tipologia di prodotti, economicamente parlando, è possibile guadagnare decine di milioni di euro, con un risparmio evidente sulla logistica e sugli sprechi.
Entro quest’ anno dunque 80 ristoratori lavoreranno gomito a gomito con altrettanti agricoltori ottenendo vantaggi reciproci e migliorando la qualità del cibo per la gioia del consumatore. I clienti inoltre potranno visitare il terreno che ha dato vita alla frutta e alla verdura per osservare dal vivo le tecniche di coltivazione e lavorazione dei prodotti sulla loro tavola.

L’orto in prossimità porta vantaggi per tutti: l’agricoltore pianifica la sua produzione grazie alla richiesta del ristoratore, il quale può disporre così di materie prime di ottima qualità con notevole risparmio, il cliente ha una garanzia del 100 % sul prodotto servito. 
Non bastasse, l’accordo prevede anche dei corsi di cucina tenuti dai soci Jre con l’uso dei prodotti Agia, così che alla qualità del prodotto si unisca la qualità nella lavorazione e nella preparazione.
E’ perfetto dunque il connubio tra ristoratore e orto biologico, ed anche il cinema con “I ragazzi stanno bene” diretto da Lisa Cholodenko, non manca di sottolinearlo. 
Il De Kas ad Amsterdam è esemplare per il risultato a cui si vuole mirare. Nel 2001 Gert Jan Hageman e Ronald Kuni, decidono di trasformare un serra destinata alla demolizione in un ristorante. Nell’arco di un decennio il De Kas diventa uno dei locali più “in” della città. La serra, una struttura in vetro degli anni venti, ospitava ed ospita tutt’oggi piante di olivo, fichi e limoni, vantando un rigoglioso orto con una vastissima scelta di prodotti (18 varietà di pomodori e 8 specie di basilico), accogliendo i suoi ospiti, nello splendido parco di Frankendael. Un esempio Italiano di questo progetto è il ristorante Maison Colonna, all’ultimo piano del Palazzo delle Esposizioni di Via Nazionale, situato nel cuore di Roma ma con una splendida terrazza ricchissima di ogni ortaggio.  



 
Il ristorante De Kas, Amsterdam

Link

http://farnienterestaurant.wordpress.com/
http://agricolturaonweb.imagelinenetwork.com/dall-italia-e-dal-mondo/aperta-la-caccia-al-ristorante-con-l-orto-10140.cfm
http://www.ciavattinigarden.it/newsarte_51.aspx
http://blog.paperogiallo.net/2009/07/maison_colonna_un_ristorante_con_lorto_nel_cuore_di_roma.html
http://www.italiaatavola.net/articoli.asp?cod=14971

Intervista a Maddalena Faletti

di Matteo Isipato ed Elisabetta Sciariada 


Oltre che un interessante elemento paesaggistico,gli orti urbani si rivelano anche un ampio tema di ricerca. Maddalena Faletti, dottoranda in Architettura ambientale presso il Politecnico di Milano, ne ha fatto il proprio argomento di tesi, e noi l’abbiamo incontrata per sapere qualcosa di più.
Maddalena, che cosa sono per te gli orti urbani oggi a Milano?
Sono luoghi di grande potenzialità, nati a volte anche per caso, ma che sono diventati importanti  per il paesaggio delle zone in cui si trovano.
Le loro potenzialità sono sfruttate in modo adeguato?
Dipende dai punti di vista; se si guarda ad episodi come quello della Martesana, in cui degli orti abusivi sono stati poi concessi agli utenti, e la cui frequentazione è regolata da norme precise, l’impressione non può che essere positiva. Se però si analizza la situazione dei bandi di concorso si nota come gli orti, principalmente comunali, siano diventati quasi esclusivamente dei rifugi per pensionati e persone anziane.
Esiste una soluzione al problema della ghettizzazione?
Le soluzioni sono diverse, ma due su tutte: rendere i bandi accessibili a tutti e integrare gli orti con nuove funzioni come, ad esempio, aree per il gioco, zone pic-nic e cose di questo genere. Perciò sarebbe interessante prendere esempio da altri paesi che, per ragioni diverse, hanno sviluppato interessantissime concezioni di “vita nell’orto urbano”. Per esempio a Cuba, dove le persone passano gran parte del loro tempo negli orti per garantire le materie prime necessarie alla produzione delle razioni per gli abitanti del regime, o nella più vicina Francia, dove si sono costituiti dei veri e propri giardins familiaux, utilizzati anche per più giorni consecutivi durante il week end.
Cosa non può mancare all’interno di un orto urbano?
Esistono degli elementi imprescindibili per la costituzione di un orto che sono l’accesso all’acqua per l’irrigazione, la terra di buona qualità da lavorare, e le recinzioni, costituite da elementi naturali o artificiali, che delimitino gli spazi in modo da non generare liti tra i vicini, un capanno per gli attrezzi, che a volte, ad esempio come ho visto negli orti di Barcellona, può essere addirittura interrato al fine di non intaccare l’integrità del paesaggio naturale e, ultima ma non meno importante e a volte data per scontata, la presenza di almeno un bagno comune. A questi elementi se ne possono aggiungere altri, non strettamente essenziali, che contribuiscono a garantire il presidio degli orti. Ad esempio una zona coperta per mangiare o ripararsi da improvvisi temporali, un semenzaio dove iniziare a far crescere le piante nei vasi per poi trasportarle nel proprio orto, dei terminali internet per condurre ricerche relative alla coltivazione, zone predisposte a contenere il compost da utilizzare come fertilizzante naturale o ancora un deposito comune per i mezzi pesanti, magari per smuovere la terra prima della semina e così via. A questo scopo, entra in gioco la creatività del progettista.
Conosci gli orti di via Chiodi, a Milano?
Certamente, sono una bellissima realtà e sono anche un buon esempio di progettazione, tant’è vero che si nota la differenza tra il primo e il secondo lotto, che ha un progetto più funzionale. Le uniche due critiche che posso fare all'architetto Cristofani sono per il senso di disordine che trasmettono le recinzioni completamente diverse l’una dall’altra, così come i capanni degli attrezzi, e, ancora più importante, il fatto che non sia stata studiata la messa a riposo invernale quando il paesaggio diventa desolante e perché il terreno risente delle gelate. 
Dove possiamo trovare degli esempi validi da seguire?
Per quanto riguarda gli esempi dall’estero sono interessanti i Jardins Familiaux (http://www.jardins-familiaux.org/) in Francia e gli orti di Cuba (http://www.cityfarmer.org/cuba.html) come citato sopra, o tutti quelli dell’Europa del Nord, i quali, nonostante siano all’incirca contemporanei ai nostri, hanno subito un processo di trasformazione ben preciso dovuto anche al senso civico degli abitanti.                     Come fonte principale, per informarsi riguardo agli orti urbani nel mondo, consiglierei comunque il sito www.cityfarmer.org . Molto interessante è anche un libro intitolato CPULs – Continous and Productive Urban Landscapes, di Andren Viljoen (http://www.energybulletin.net/node/17603).
Ci sono infine delle curiose realtà, anche qui a Milano, che hanno a mio avviso il potere di sensibilizzare sul tema, come l’iniziativa “Adotta un orto” (http://www.cascinasantabrera.it/adottaorto.html), sostenuta dalla Cascina Santa Brera, che propone la possibilità di raccogliere i frutti del proprio appezzamento di terreno, che è stato però coltivato da persone competenti. La raccolta degli ortaggi diventa così un'occasione di socializzazione. 



martedì 29 marzo 2011

Un orto sui tetti di Milano

di Elena Ruzza

Produrre alimenti biologici nel cuore di Milano. Il progetto, che sembrerebbe una contraddizione in termini, nasce da un'idea di Riccardo Rinetti, fotografo, e dal regista Paolo Calcagni, con la collaborazione di due agronomi. Da più di un anno coltivano ortaggi sul tetto del Bar Atm, locale ai Bastioni di Porta Volta, in una delle zone più centrali e trafficate della città.
L'orto sistemato sulla terrazza è costituito da cinque di vasche di legno, alte circa mezzo metro, rivestite di una tela permeabile e riempite da uno strato di argilla espansa e da terriccio “viziato” misto a pietra pomice. Seguendo i principi dell'agricoltura biologica sono stati piantati ravanelli, insalate, bietole, erbe aromatiche, sedano, melanzane, fagiolini, fagioli, carote, e così via. Le stesse varietà sono state contemporaneamente piantate in un campo “selvaggio” nella campagna brianzola.
Scopo dell'operazione è raccontare come nasce e produce un orto urbano attraverso il confronto con il tradizionale orto di campagna. L'intera operazione e la crescita degli ortaggi nelle stagioni è stata fotografata e ripresa: il risultato sarà diffuso su internet nel film “L'orto contemporaneo viziato e selvaggio”.
Gli autori dell'iniziativa hanno confermato che l'agricoltura nel cuore di una metropoli produce, e produce cibi di qualità. Il raccolto del piccolo orto si è rivelato incredibilmente abbondante anche senza l'utilizzo di prodotti chimici, e assicurano gli esperti che è sufficiente lavare gli alimenti per eliminare polveri sottili e altre tracce di inquinamento.



lunedì 28 marzo 2011

Orto diffuso. Mappatura degli orti urbani a Milano

di Elena Ruzza

Il panorama degli orti urbani a Milano è estremamente variegato per tipologia, dimensioni, stato giuridico, finalità e motivazioni, che vanno oltre la passione o la necessità di autosostentamento. Si va infatti dalla coltivazione dell'orto urbano quale attività di sostegno o riabilitazione come accade all'ex Paolo Pini, dove il “Libero orto” coinvolge persone in situazioni di disagio o con handicap fisici e psichici, agli orti nelle scuole come strumento didattico e occasione formativa. Ci sono naturalmente i complessi di orti in proprietà o in affitto, comunali e privati, fino al vasto insieme di orti abusivi, molti dei quali anche se non istituzionalizzati sono consolidati nel tessuto urbano e sociale, come i 103 orti di via Rizzoli, coltivati fin dagli anni '50 e poi demoliti dal comune a febbraio, dopo decenni di utilizzo.
In questo contesto nasce un anno fa su iniziativa dell'agronoma Mariella Bussolati il progetto Orto diffuso, che ha già ottenuto il riconoscimento Award di Agricoltura dell'Agenzia Italiana Campagna e Agricoltura Responsabile. Nel suo manifesto l’orto diffuso si definisce “in realtà un network, che collega gli spazi più immediatamente disponibili (balconi terrazzi, davanzali) con gli spazi più tradizionali. E’ una comunità virtuale ma anche fisica che si articola attraverso tutte le persone che utilizzano questi spazi per ripensare la città, ma anche la propria vita.” Il primo obiettivo di orto diffuso è la mappatura degli orti urbani della città di Milano, come analogamente sta avvenendo a Roma per conto di un'altra iniziativa di cittadini. L'aspetto interessante dell'operazione sta nel suo carattere aperto e collaborativo: chiunque può contribuire segnalando aree milanesi adibite ad orti, e non solo. Il catalogo comprende infatti tutte le tipologie riferibili all'agricoltura urbana, dagli orti su terrazzi e balconi a quelli comunali regolarmente affittati passando per orti di privati, cooperative, associazioni, gruppi informali. Inoltre, in linea con la logica del guerrilla gardening, la comunità di orto diffuso invita a segnalare anche aree dismesse o in attesa di una destinazione d'uso definitiva, angoli inutilizzati, aiuole dimenticate e tutti quei luoghi che potenzialmente potrebbero essere ridisegnati e vissuti attraverso l'agricoltura urbana. Come dichiarato ancora nel manifesto “nel progetto dell’orto diffuso l’utilizzo di strumenti multimediali e di internet diventa un ingrediente importante per mantenere la rete di relazioni, consentire la condivisione di informazioni, permettere ad altri di conoscere il progetto, rielaborarlo, trasformarlo, e rimetterlo in circolo”.
Dal blog Ortodiffuso la mappa interattiva degli orti urbani di Milano e Roma.

Milano, orti a scuola

di Elena Ruzza

Il 21 e 22 marzo a Milano sono stati inaugurati i nuovi orti nelle 30 scuole che hanno aderito all'iniziativa promossa dal comune “Orti didattici”. Si tratta di un progetto di educazione ambientale e alimentare in collaborazione con “il Giardinone cooperativa sociale” rivolto agli insegnati e agli studenti delle scuole elementari e medie che prevede la realizzazione di un orto didattico all’interno della scuola o della riqualificazione dell’esistente e una serie di attività didattiche. Gli orti diventano dunque aule all'aperto dove poter sperimentare direttamente quanto imparato, o meglio ancora imparare facendo e toccando. L'importanza di una esperienza simile è già da tempo riconosciuta, come accade nell'Istituto Comprensivo Sandro Pertini in zona Barona, a pochi passi dal complesso di orti di via Chiodi. La scuola ha appena aderito all'iniziativa Orti didattici, che ha consentito la realizzazione di un orto attrezzato. Ma qui già da diversi anni i piccoli alunni coltivano due angoli del cortile, adibiti ad orti grazie all'aiuto di qualche nonno volenteroso ed esperto. La validità di questa esperienza non sta soltanto nell'uso degli orti come prezioso strumento didattico, di crescita e di gioco, ma anche nella conferma del loro essere occasione di incontro – in questo caso intergenerazionale, di scambio, recupero e condivisione di saperi.


Su questo tema segnaliamo anche l'incontro promosso dal blog Lunedì sostenibili 
Lunedì 16 maggio, c/0 spazio Pervinca, viale Stelvio 52, dalle 20,30:
Gli orti didattici esperienze milanesi a confronto a cura di Geraldina Strino


Gli orti urbani di Italia Nostra: un progetto di massa

di Paola Tonizzo

Italia Nostra, associazione che si occupa della tutela del patrimonio storico, artistico e naturale italiano,  pone una particolare attenzione all’ambiente, al paesaggio urbano e rurale. Gli orti urbani, infatti, se correttamente progettati e gestiti, svolgono non solo importanti funzioni sociali ma costituiscono anche una forma di arricchimento naturale e di qualità urbana. 
Il progetto “Orti urbani”, per il quale ha avviato un percorso di collaborazione con l’ANCI – Associazione Nazionale Comuni Italiani – ha come finalità quella di promuovere la diffusione delle coltivazioni in tutta Italia, sottraendo aree verdi all’abusivismo edilizio, alla speculazione e all’inquinamento ambientale. Con l’aiuto di linee guida elaborate dalla facoltà di Agraria dell’Università di Perugia, I.N. ha definito modalità comuni considerando i diversi caratteri del territorio nazionale.
Il progetto parla di orti come “parchi culturali” che migliorino la qualità della vita e, allo stesso tempo, intende salvaguardare l’estinzione di alcune specie e ristabilire la coltivazione di prodotti che, a causa delle grandi coltivazioni intensive, si stanno perdendo. Questi prodotti potrebbero poi essere venduti  a prezzi economici nella logica di accorciare la filiera dal produttore al consumatore.
L’avvio del progetto è stato sancito dalla firma di un protocollo di intesa, settembre 2008, in cui Italia Nostra e ANCI individuano obiettivi comuni dell’iniziativa.
In primo luogo l’importanza di considerare gli Orti come realtà sociale, urbanistica e storica di primo livello sottraendoli ad eventuali situazioni di marginalità e degrado in quanto sono, a tutti gli effetti, luoghi urbani verdi. In secondo luogo, favorendo lo sviluppo di progetti di qualità da parte di soggetti pubblici e privati e valorizzando la qualità delle iniziative che si occupano del tema. C’è la volontà comune di tutelare la memoria storica degli orti favorendo la socialità e la partecipazione dei cittadini e la relativa possibilità di aggregazione. Così facendo, c’è un recupero della manualità relativa a questa attività e si pongono le basi per un possibile scambio di esperienze e di collaborazione tra pubblico e privato.
Il protocollo termina con l’impegno, da parte di entrambe le associazioni, di promuovere l’iniziativa comunicando il messaggio tramite seminari tecnici, corsi, redazione di manuali e guide, ecc..
Utilissimo per la concreta attuazione del progetto è il documento redatto dall’Università di Perugia con le linee guida per la progettazione di orti urbani e periurbani. Sono identificate quattro tipologie: orti per il reinserimento dei detenuti nella realtà lavorativa; orti didattici per le scuole; orti per gli anziani affinché facciano attività motorie e di socialità all’aria aperta; orti per la riabilitazione di pazienti diversamente abili.
Ci sono fondamentali indicazioni e consigli riguardo alla forma, alla localizzazione, all’orientamento degli appezzamenti. E’ possibile così avere una guida pratica per una progettazione consapevole e rispettosa del contesto. Sono definite anche le condizioni per il mantenimento, con utili suggerimenti per quanto concerne l’irrigazione, la pulizia, lo smaltimento dei rifiuti…
Una seconda parte è dedicata nello specifico alle coltivazioni: cosa, quando e dove. Nonostante queste indicazioni generali valide per tutti è salvaguardata la differenza culturale e geomorfologica.
Un anno dopo, al protocollo tra Italia Nostra e ANCI aderisce anche la Confederazione Nazionale Coldiretti che collabora per elaborare delle schede per aree situate in diverse parti d’Italia, tenendo conto delle linee guida.
In attuazione di tale progetto sono state avviate, a oggi, 10 iniziative estese a diverse città italiane (Assisi, Foligno, Genova, Savona, Lugnano in Teverina (Tr), Ostuni, Padova, Roma, Santa Giusta (Or), Sant’Anatolia di Narco (Pg) e che sono state quindi tradotte nella elaborazione di altrettante schede progettuali concernenti ciascun orto, la sua gestione, le culture praticabili.

sabato 26 marzo 2011

Ortografie a Bologna

di Matteo Isipato

Iniziata da più di trent’anni, l’esperienza degli orti urbani a Bologna è una realtà viva e dinamica che oggi conta più di tremila appezzamenti diffusi in otto quartieri.
Affascinata da questo mondo fatto di impegno e di cura, Erica Zanetti, in collaborazione con gli assessorati Servizi sociali, Urbanistica e Ambiente del comune di Bologna, ha realizzato un viaggio fotografico alla scoperta di questa realtà, culminato con la realizzazione della mostra “ORTOgrafie: segni di terra bolognese e della sua gente”. 


L’esposizione mostra i segni di una comunità attiva che cambia nel tempo, all’interno della quale rimangono immutate la passione e la dedizione nei confronti della terra. Gli orti urbani, oltre che da piccoli scorci di campagna in città, si rivelano eccezionali luoghi di socializzazione soprattutto per le persone anziane che, spesso più di altre, rischiano l’isolamento e la solitudine.


lunedì 21 marzo 2011

Rural Film Festival - by Asilo Bianco


CORTO & FIENO
Rural Film Festival
Second Edition
September 2011
Ameno and Armeno (Novara - Italy)
SECTION SCHOOLS COMPETITION
"CINEMA ACERBO"

RULES AND CONDITIONS OF PARTICIPATION
Corto & Fieno (“Short and Hay”) first edition underlined the importance cinematic representations of rural life in contemporary cinema. Considering the interest aroused by the sights and sounds of rural life, the second edition of the festival intends to raise the cultural area in which to look at, listen to and discuss the films that tell with the relationship between man and his land. The idea is to bring attention to the rural culture, both of our territory and in other parts of the world, to offer it as an example of an innovative strategy aimed at a happy decrease. The film allows you to create moments of knowledge and exchange with other areas and other communities, who want to build a historical memory of their rural traditions through the use of the interview, video and short film.
"Cinema acerbo" (Unripe Cinema) will harness the creativity of film students who choose the rural world as the object of their laboratories for audiovisual productions. The purpose of this section is to draw attention of stakeholders in the school - students, teachers, executives - and the use of cinematic representation is a reflection on the importance of the territory and in particular on the rural.

1- Competition open to everyone

2- Registration for the festival is free. Are borne by the participants all expenses incurred in sending the video documentation.

3- The subject of the film must follow the general theme of the festival, which relate to the life and work of the campaign, and, generally, the relationship between Nature and Man. Are allowed different genres (documentary, fiction, video art).

4- The festival will be held in Ameno and Armeno on September 2011 and will be structured over several days with a series of public events, according to a plan that will be announced in the weeks before the start of the event.

5- The duration of the movie (including titles) shall not exceed 15 minutes. We will accept video both published and unpublished.

6- All selected videos will be presented during the days of the festival in "CINEMA ACERBO Section".

7- The jury will be composed of personalities from the worlds of cinema and culture. At the end of the Festival will be declared the winning work, in addition to the second and third classifieds. Jury’s opinion is not questionable.

8- All participants of the Festival "Corto e Fieno" can contracted with guest accommodation in the area.
9- Copies of the short films received will become part of the festival and will not be returned. 10- There will be prizes for the first three films classified, the amount will be announced in due course on websitehttp://www.asilobianco.it/

11- The videos in DVD format must be received by July 30, 2011 in
duplicate, with entry form for the short film, completed in its entirety (attached to this announcement).
The videos will be sent to:

Associazione Culturale ASILO BIANCO
Via Zanoni 17, 28010 Ameno (NO) Italy
for more information contact: Ersilia Medina – segreteria@asilobianco.it

REGISTRATION FORM FOR SHORT FILMS
“CINEMA ACERBO”


Movie title
Duration
Year of production
Video format (4:3, 16:9, scope)
Produced by(specify the name of the individual, group or association)
Name and surname of the person responsible
Address
Phone number
E-mail
Plot of the film
(about 5 rows)
Director
Screenplay
Main actors
Director of photography
Editing
Music

More info on:
www.cuoreverdetraduelaghi.it

domenica 20 marzo 2011

Luigi Greco presenta il Manifesto dei villaggi agricoli a Milano

Lunedì 21 marzo, alle 10,00, Luigi Greco presenta il suo
Manifesto dei villaggi agricoli per la gestione dell'Agro romano.
L'incontro si tiene nell'aula z.2 della facoltà di Architettura e società del Politecnico di Milano, nell'ambito del Laboratorio "Costruire naturale".
docenti Lorenzo Consalez, Mauro Giuliani, Stefano Laffi e Alessandro Rocca
tutor Alessandro Altini, Maria Feller, Luisa Giovenzana, Camilla Vecchi

martedì 15 marzo 2011

Roma, spazi verdi condivisi, di studioUap

su indicazione di Luigi Greco:

Zappata romana: spazi verdi condivisi - di studioUAP
Sono oltre 50 gli spazi verdi condivisi riportati nella mappa, fra giardini, orti e ‘giardini spot’ ad opera di cittadini e associazioni che in prima persona ne curano la realizzazione e/o gestione contro il degrado delle aree verdi urbane a Roma.
Queste sommate ai 65 siti di orti spontanei individuali portano ad oltre 100 le aree di questo nella città.
Nella mappa sono segnalate anche alcune significative esperienze riguardanti le fattorie urbane, le case della partecipazione ed altre forme di gestione di aree verdi come i punti verdi qualità e le aree gestite da associazioni consolidate.
La mappa è in continuo aggiornamento. Segnalate novità e revisioni a: studioUap
vedi la mappa completa con tutti i riferimenti

lunedì 14 marzo 2011

Torino. Stazione futuro


Da F-Urbe, un appuntamento da non perdere:


STAZIONE FUTURO. QUI SI RIFA' L'ITALIA

[gli interni delle Officine Grandi Riparazioni di Torino]

Il nostro Manifesto dei Villaggi Agricoli - teorie e illustrazioni - sarà ospitato in una delle grandi esposizioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia a Torino dal 17 marzo 2011.  La mostra: Stazione Futuro, curata da Riccardo Luna,  direttore della rivista WIRED, presenta al grande pubblico le 150 idee che nei prossimi 10 anni cambieranno l’Italia!
[se avete un'idea  o un bel progetto leggete qui]
Consulente scientifico della sezione architettura e città è Luca Molinari che col suo studio milanese Viapiranesi ha progettato l’allestimento della mostra all’interno degli spazi delle Officine Grandi Riparazioni, l’ennesimo contenitore industriale svuotato e riempito di cultura e spettacolo per la gioia di tutti i luddisti!
Ci vediamo a Torino!

lunedì 28 febbraio 2011

Green Container

(from laud8)
A project by Exposure Architects (Bergamo, Italy)
The starting point was a standard 40-foot (12-metre) container, a HighCube (interior height of 2.7 metres), with a useful life of 5 years before being scrapped.
Although there has been an ample number of cases where containers have been reused by transforming them into temporary residences or construction site offices or into permanent structures, we wanted to approach our project by trying to maintain some of the intrinsic characteristics of the container, that is, mobility, standardized transport, selfsufficiency where possible and flexibility of use.



Greentainer is a vessel–a container in the real sense of the word–suitable for multiple uses and destinations, from a small company canteen to a trade show lounge bar, an exhibition room for travelling exhibits and a meeting room; it can be positioned in a park or a courtyard, in an open space or closed area.
 


the footprint of a greentainer
Greentainer can be easily transported by a container hauler, and there is no need for a construction license. In line with environmental sustainability, the container has
been equipped with a photovoltaic system that supplies all the energy necessary to run the heating-cooling system, the lights and other devices.



Greentainer is a completely glassed-in structure, open to and integrated with its setting. It gives whoever enters it the sensation of still being outside, in complete symbiosis with the surrounding environment. The synthetic grass floor evokes greenmeadows, while themicaceous colour of the framework makes it almost invisible. Therefore, since its environmental impact is extremely low, Greentainer can be installed at sites
with stringent architectonic constraints.”